Decatastrofizzare
Se il
paziente vede un esperienza come potenzialmente catastrofica,
il terapista può aiutare il paziente a considerare se egli non
stia sovrastimando la natura catastrofica della situazione. Ad
esempio il terapista può proporre “cosa può farti di male
ciò?”, oppure “che danno particolare ti comporta ciò?”, o
anche “se ciò accade come pensi che ti sentirai fra un mese (o
una settimana, o altro)?” Il terapista propone degli stimoli
tendenti a “forzare” una visione diversa della situazione, una
prospettiva meno a senso unico, meno catastrofica. Se il
paziente considera lo stimolo minacciante o il pensiero
negativo o la situazione da evitare come l’aspetto centrale
della propria vita allora l’ansia o la depressione o
l’emozione specifica associata alla situazione sarà intensa e
drammaticamente resistente, ma se il terapista riesce a
decentrare o articolare l’interesse del paziente su più
aspetti o parti dello stesso aspetto generale allora
l’aspettativa di “rimanere senza niente” o “essere scoperto
(nel senso di esposto)” o anche “perdere l’unica cosa che ...”
perderà importanza. E’ importante che il terapista riesca a
promuovere nel paziente una
prospettiva realistica delle
conseguenze associate ad una certa situazione temuta o
evitata. Un aspetto non secondario è la sensibilità del
terapista nell’evitare di esporre il paziente ad autovalutazioni negative, o che si senta ridicolizzato o
sminuito, mentre affronta il compito di prospettarsi il danno
realistico piuttosto che il danno irrazionale e catastrofico,
e lo stesso vale per le conseguenze associate.
Alcune volte
è utile fare l’esperienza dalla situazione per ricavarne il
dato realistico altre volte è utile il ricordo soltanto, ma il
paziente deve essere stimolato al confronto tra le proprie
aspettative riguardo allo stimolo (un pensiero, un segnale dal
proprio corpo, una certa situazione sociale) e delle
valutazioni più moderate e realistiche.
|